Buongiorno e buona domenica da Tokyo, dove l’aria è finalmente tiepida e le persone del luogo hanno finalmente ricominciato a sfoggiare sandali, infradito, ciavatte e zoccoli.
Oggi no, ma negli ultimi giorni il Giappone è stato battuto da venti fortissimi e imbizzarriti, così nonostante fosse finalmente finita la stagione dei pollini fastidiosi è arrivata una valanga di sabbia gialla. La famosa kōsa è polvere dei deserti di CIna e Mongolia che vola fino a qui e si deposita sulle macchine, case, strade, persone e loro mucose. Non c’è pace per l’aria giapponese, pensateci la prossima volta che vedete la gente di qui con le mascherine.
Mangiare in giro per il mondo
Mi sono appassionato a un nuovo programma televisivo: Sekai itadaki Gourmet, che significa proviamo i cibi gourmet di tutto il mondo, più o meno. Mescola varie passioni smodate giapponesi: il cibo, i viaggi e mangiare alle bancarelle roba sconosciuta e un po’ estrema, guardare e commentare da studio.
Amo molto lo spirito avventuroso nei gusti gastronomici dei giapponesi, qui non è difficile incontrare appassionati di cibo piccante (anche se tradizionalmente qui si usa poco peperoncino), cibo di altri paesi asiatici, europei o di altri angoli del Mondo che per noi non sono nemmeno sulla mappa. Nella mia esperienza, incontrare dei giapponesi all’estero (specie in altri paesi asiatici) significa avere degli ottimi alleati nella ricerca di cibo buono, specie quello di strada fatto nelle bancarelle.
Nella puntata di Sekai Itadaki che ho visto, una buona parte dell’esplorazione si svolgeva in India e il conduttore provava i cibi ricchissimi dei baracchini di Delhi (il lettore attento di questa NL adesso immaginerà la mia sensazione di piacevole nostalgia). Su alcune cose le cucine indiana e giapponese non potrebbero essere più distanti, ad esempio l’uso di spezie ma soprattutto il burro. Panetti interi lasciati nella padella per soffriggere, insaporire, rendere tutto sostanzioso, nutriente, saporito, ricco. Nel mese di vita che da studente ho passato in una famiglia indiana l’aggiunta di ghī sul chapati era diventato un gesto temibile per me, specie perché particolarmente abbondante in quanto ospite speciale e persona che doveva nutrirsi per studiare ma che non mangiava abbastanza, secondo le mamme locali (era una famiglia matriarcale in cui vivevano 3 donne sorelle).
Per vedere questo programma bisognerebbe andare qui, ma non so se dall’Italia (o dove siete voi) si riesce ad aprire. Fatemi sapere.
Fuji, che significa (anche) glicine
Se i ciliegi sono speciali come caducità, anche i glicini non scherzano per niente. La loro fioritura dura pochissimo ma sono una costante in moltissimi parchi cittadini, con le loro belle pergole robuste.
Ho una mappa mentale di dove si trovano le piante di glicine nel mio quartiere, ma per quelli rarissimi bianchi bisognerebbe andare fuori città e non so se questa stagione avrò tempo di farlo.
Capovillaggio
Da aprile, mese in cui inizia l’anno fiscale-scolastico in Giappone, sono il responsabile del mio caseggiato. L’associazione di quartiere (町内会) è un’istituzione fondamentale nelle zone residenziali di Tokyo (penso anche altrove in Giappone) e visto che più della metà degli occupanti delle 14 case che fanno parte dell’isolato è troppo anziana, molti hanno saltato il turno e quest’anno tocca a me. Forse nelle prossime puntate della NL racconto in cosa consiste il mio lavoro che mi sta dando grossissime soddisfazioni. Adesso ad esempio ho appena finito la raccolta delle offerte per una piccola cerimonia Shinto che ci sarà il prossimo fine settimana. 🦊⛩️🦊
Bon dai, a posto così per questa settimana, passate una buona domenica e… ci siamo capiti.